ECOlab è un progetto non-profit di Canyon Park SRL che nasce nel 2020 per tutelare e valorizzare il patrimonio culturale e paesaggistico dei nostri territori. Con iniziative che uniscono il turismo lento, l’educazione ambientale, la ricerca scientifica e, soprattutto, il coinvolgimento delle comunità locali. Il tutto in un’ottica di sviluppo sostenibile, così come definito dall’AGENDA 2030 ONU.
Educazione, Coinvolgimento e Orientamento sono le parole che hanno ispirato la prima parte del nome ECOlab (E.C.O. appunto). Parole che indicano il cuore di questo progetto: la conoscenza della Natura come forma di consapevolezza condivisa. Non è un caso che il prefisso ECO (eco-logia, eco-nomia) derivi dalla parola greca òikos, ovvero casa.
La Natura è la nostra casa condivisa, gli abitanti ogni forma vivente.
La dimensione di ECOlab è laboratoriale, cioè aperta alla sperimentazione e all’esperienza diretta, perché la consapevolezza vera non può prescindere da un coinvolgimento costruttivo e costante della cittadinanza e delle comunità locali.
Il luogo elettivo di ECOlab sono le Strette di Cocciglia in Val di Lima. Qui è nato nel 2020 il nostro primo gesto di amore – il Percorso Natura, con 6 pannelli che guidano i visitatori alla scoperta del canyon – e qui oggi ha sede la nostra casa madre, dalla quale curiamo il territorio con iniziative di ricerca, educazione ambientale e valorizzazione, come il recente progetto Tessere il Valico.
Le Strette di Cocciglia sono state per secoli uno snodo importantissimo per la viabilità storica della Val di Lima.
Grazie al Ponte Nero, al Ponte sulla Scesta e al presidio della fortezza di Cocciglia era possibile per i viandanti attraversare in sicurezza questa parte della valle ricevendo il sostegno spirituale nell’Oratorio di San Rocco.
Le “strette” prendono il nome dal vicino paese di Cocciglia. È questo il punto di congiunzione della viabilità storica della Val di Lima che nel XVI secolo, e fino al 1860 circa, si svolgeva tutta in quota elevata o a mezza costa. Le strade sul fondovalle erano costituite solo da brevissimi tratti e la vallata era unita da pochi ponti. Il Ponte Nero e il Ponte sulla Scesta, entrambi situati in prossimità di Cocciglia, erano due di questi ponti storici. In particolare il Ponte Nero, che permette tutt’oggi l’attraversamento delle strette di Cocciglia, consentiva di unire con una direttrice nord-sud il passo della Foce a Giovo, al confine con Modena, con quello della Foce del Sargentino, al confine con il territorio fiorentino e presidiato dalla Rocca del Battifolle.
È chiaro intuire il motivo per cui Cocciglia divenne uno snodo importante per tutta la viabilità della vallata e del perché già prima del 1312 fosse dotata di una fortezza che la Repubblica di Lucca mantenne fino all’anno 1648.
È in epoca longobarda che la Val di Lima entra a far parte di un reticolato di strade in supporto all’antico tracciato della Cassia, i quali diverranno nei secoli successivi l’embrione di quella che viene definita Via Francigena o Romea. Chi effettuava questi lunghi spostamenti, ovvero mercanti, soldati e pellegrini, si spostava solitamente a piedi e le mercanzie erano portate a dorso di mulo. Questo “traffico” di uomini necessitava di una diffusa assistenza spirituale e materiale quindi sui percorsi non si incontravano solo edifici militari, ma anche luoghi di ospitalità e sostegno spirituale per i viandanti come le canoniche delle Pievi, gli Ospitali e piccoli oratori di strada.
È a quest’ultima tipologia di architettura che può essere ascritto l’oratorio cinquecentesco di San Rocco nei pressi del Ponte Nero, che all’interno custodisce uno splendido affresco.
Il bastone che oggi viene designato come attributo classico del pellegrino, è chiamato bordone.
Il nome deriva dal latino burdus (mulo).
È una continuazione del concetto di sostegno all’uomo che l’animale da soma ricopriva durante gli spostamenti da un luogo all’altro.
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Le Strette di Cocciglia si estendono per circa 900 metri a monte e a valle del Ponte Nero e rappresentano il tratto più incassato del Torrente Lima.
Qui l’interazione tra acqua e rocce calcaree ha dato origine negli ultimi 100.000 anni alle conformazioni spettacolari della gola e delle marmitte dei giganti, nonché a numerose sorgenti carsiche.
Le rocce calcaree si sono originate in un periodo che va dai 220 ai 170 milioni di anni fa sul fondo di un antico mare nel quale estese lagune, barriere coralline e organismi a guscio calcareo si sono succeduti nel tempo dando origine a potenti spessori di sedimenti inorganici e organici. Il peso immane di questo accumulo di sedimenti ne provocò la compattazione e la loro trasformazione in roccia.
Negli ultimi 30 milioni di anni, a causa della collisione tra la placca Africana e quella Europea, tutte queste rocce si sono deformate per poi emergere formando la catena Appenninica.
Le rocce calcaree subiscono l’azione erosiva delle acque meteoriche che agisce attraverso la dissoluzione dei minerali presenti nella roccia. Le fratture vengono progressivamente allargate dall’azione chimica e fisica dell’acqua meteorica fino a creare vie preferenziali di circolazione e cavità più o meno ampie che vengono riempite di acqua durante la stagione piovosa, per svuotarsi progressivamente nei mesi successivi.
Questi fenomeni, noti con il termine di manifestazioni carsiche, rivestono un ruolo importante nell’approvvigionamento idrico del torrente, dando origine a piccole sorgenti che orlano le sue sponde, alcune delle quali sono osservabili nella zona di Canyon Park.
L’erosione esercitata dall’acqua sulle rocce è in grado di creare forme spettacolari. Quella più evidente è la verticalità delle pareti tipica di zone dove il rilievo montuoso è di recente formazione e con pendii ripidi, il torrente incide vigorosamente il proprio letto in rocce dure e compatte generando delle gole.
Altro elemento di grande suggestione è la presenza delle marmitte dei giganti, cavità cilindriche dalla forma che ricorda quella di grossi pentoloni. Le marmitte possono avere diametro e profondità variabili fino ad alcuni metri e si formano dove il torrente genera flussi idrici veloci e turbolenti.
Il moto vorticoso dell’acqua fa roteare piccoli ciottoli che esercitano azione abrasiva sulle pareti rocciose e possono creare piccoli buchi cilindrici che vanno via via aumentando di dimensione fino a generare le “marmitte”.
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In prossimità del Ponte Nero il corso d’acqua scorre entro un’angusta gola dove raggiunge la profondità di 10 metri e temperature molto fredde, condizioni ambientali che mettono alla prova la maggior parte degli animali acquatici, come la biscia tassellata, mentre costituiscono habitat ideali per altri, come la trota.
Il canyon, soggetto a inondazioni stagionali improvvise, rappresenta una vera sfida per gli animali acquatici: le rive rocciose e ripide sono prive di vegetazione e di rifugi, mentre negli “abissi” la temperatura può scendere a 8 °C e il nutrimento è carente.
Nonostante questo la vita non si arrende: massi e tronchi di alberi caduti offrono ai pesci un riparo dalla corrente anche durante le piene autunnali, quando le acque cristalline si trasformano in un tumulto di torbida, mentre d’estate, bisce, rane, libellule e altri animali si spostano nel canyon dal tratto a valle, più ospitale, ricco di vegetazione riparia.
La trota vive solo in acque ricche di ossigeno e limpide: è un predatore che caccia a vista, scattando fulminea sulla preda da dietro un masso o un altro nascondiglio. Si nutre soprattutto di insetti, che può catturare anche balzando fuori dall’acqua, ma preda anche crostacei, vermi e piccoli pesci. I giovani occupano la fascia vicina alla sponda, mentre gli esemplari più grandi, solitari, abitano le zone più profonde del torrente.
Nella Lima sono presenti sia la trota fario (Salmo trutta trutta) introdotta a scopo sportivo, che la rara trota mediterranea (Salmo trutta cetti).
La biscia (o natrice) tassellata (Natrix tessellata) è un serpente specializzato nella pesca subacquea: i grandi occhi a bulbo le garantiscono un’ottima visione sia sopra che sotto al pelo dell’acqua.
Ricerca i pesci esplorando gli anfratti delle rocce oppure tende loro agguati mimetizzata sul fondo del corso d’acqua, dove può attendere in apnea per oltre mezz’ora. Lunga meno di un metro, ha colorazione e dimensioni molto simili a quelle della vipera comune (Vipera aspis), ma non è assolutamente velenosa.
Le due specie sono simili per dimensioni e colorazione del corpo, bruno grigio chiaro con macchie più scure, ci aiutano però alcuni dettagli:
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Questo è un bosco speciale: gli alberi non vengono tagliati per produrre legname, così possono invecchiare e morire, offrendo in ogni stadio della vita rifugio e nutrimento agli altri organismi, quali il cervo volante e i funghi micorrizici.
Ontani e lecci, aceri e carpini: ogni albero offre tanti micro-habitat diversi, dalla chioma alle radici. Foreste in miniatura di felci e licheni crescono sui tronchi, dietro la corteccia screpolata si nascondono ragni e pipistrelli, la lettiera di foglie cadute è abitata da millepiedi, onischi e altri decompositori.
Da morto costituisce poi rifugio e nutrimento per migliaia di specie di funghi e insetti, che lo disgregano restituendo fertilità al suolo.
La grande larva del cervo volante (Lucanus cervus) trascorre fino a 7 anni mangiando legno morto, prima di imbozzolarsi nel suolo. Gli adulti emergono all’inizio dell’estate e volano in cerca di linfa vegetale, il loro solo alimento, radunandosi sugli alberi da cui ne gocciola. Qui i maschi ingaggiano accaniti duelli in cui cercano di scagliare l’avversario giù dall’albero, afferrandolo con le enormi mandibole dentate, simili a palchi di cervo.
Una vita rischiosa, infatti nascono quattro maschi per ogni femmina, ma il pericolo più insidioso per questo guerriero in miniatura è l’eliminazione di alberi vecchi e morti, dove vengono deposte le uova.
Sotto la superficie del bosco si svolge la vita segreta dei funghi. Ciò che chiamiamo “fungo” è solo il frutto di un organismo, il cui corpo – detto micelio – è composto da una matassa di sottilissimi filamenti, le ife, che può estendersi nel suolo per diversi ettari.
Dall’unione fra ife e radici degli alberi nasce la micorriza (dal greco “fungo-radice”), una simbiosi grazie alla quale avviene uno scambio di nutrienti (carboidrati e vitamine al fungo, acqua e minerali alla pianta) e segnali di allarme, creando una rete sotterranea che rende la comunità arborea più resiliente alla siccità, ad attacchi di parassiti e altri stress.
Morbida e cieca, in 7 anni raggiunge gli 8 cm di lunghezza.
Scavando gallerie nel legno morto lascia dietro di sé una scia di feci: ottimo terriccio di bosco.
Se disturbata produce uno stridulo suono d’allarme sfregando le zampe fra di loro.
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Nei terreni terrazzati della Val di Lima oltre alle coltivazioni promiscue della vite e del grano venivano coltivate la canapa per la produzione di tessuti forti e resistenti, e il gelso, necessario per l’allevamento del baco da seta.
Altra raccolta interessante era quella della canapa. A sud del Ponte Nero si apriva un pianoro che portava al Pian del Forno, dove sorgeva una casa colonica e uno dei mulini della Comunità di Casoli.
Prima di raggiungere questa località si attraversa il Rio della Bandita in località detta ai Gorghi. Il nome è chiaramente riferito all’utilizzo che in quel dato luogo la comunità faceva delle acque, ovvero dei gorghi per l’ammollamento della canapa prima di effettuare la pulitura e la tessitura; ridotta in fili grezzi (“acce”), la canapa veniva lavata accuratamente per togliere tutte le impurità, tessuta su telai semplici e utilizzata per produrre lenzuoli, tovaglie, asciugamani, sacchi per le castagne, e anche vestiti.
La coltura del gelso, necessaria per l’allevamento del baco è attestata documentalmente in Val di Lima già a partire dal XV secolo. Il baco (“filugèllo”), nasceva a primavera inoltrata, fino a formare il bozzolo all’inizio dell’estate.
Era un’entrata importantissima nell’economia delle famiglie, perché la seta ricavata veniva venduta tutta ai mercanti lucchesi che pagavano in contanti, o in generi di prima necessità. La seta non era mai usata per consumo personale, in quanto le leggi suntuarie lucchesi proibivano al popolo del contado di poter indossare abiti di seta.
Per un allevamento familiare potevano servire per il nutrimento del baco fino a 300 kg di foglie di gelso.
Il baco veniva nutrito per circa 30 giorni, durante i quali viveva le sue cinque età passando per quattro mute. Quando il baco era pronto ad imbozzolarsi iniziava a creare il filo.
Per completare l’opera aveva bisogno di circa quattro giorni di lavoro e restava nel bozzolo per altri 15 giorni circa.
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Il progetto ECOlab nasce per aiutare le persone che frequentano le Strette di Cocciglia e la Val di Lima ad appropriarsi di competenze e comportamenti atti a promuovere i 17 Sustainable Development Goals inseriti nell’Agenda 2030 dell’ONU, con particolare riferimento ai goals n. 4 “Quality Education”, n.8 “Decent work and Economic growth, n.11 “Sustainable Cities and Communities”, n.13 “Climate Action” e n.15 “Life on Land”.
Coerentemente con tali obiettivi, la vision di ECOlab consiste nel rendere la cittadinanza più consapevole dei valori naturalistico-culturali che caratterizzano le Strette di Cocciglia e il territorio circostante in modo da consentirle di partecipare attivamente alla loro tutela e valorizzazione tramite comportamenti eco-sostenibili e responsabili.
Educazione, Coinvolgimento e Orientamento sono le parole che hanno ispirato la prima parte del nome ECOlab (E.C.O. appunto). Parole che indicano la missione di questo progetto: la conoscenza della Natura come forma di consapevolezza condivisa. Non è un caso che il prefisso ECO (eco-logia, eco-nomia) derivi dalla parola greca òikos, ovvero casa. La Natura è la nostra casa condivisa, gli abitanti ogni forma vivente.
Infine, la seconda parte del nome sta per laboratorio perchè la componente proattiva dell’educazione ambientale non può prescindere dalla dimensione sperimentale ed esperienziale e quindi dal coinvolgimento costruttivo del pubblico.
”...descrivere la natura in maniera tale da restituire il più possibile il piacere immediato della visione e al tempo stesso contribuire, sulla base dell’attuale stato della scienza, a una maggiore comprensione dell’armonico nesso che governa l’agire delle forze naturali…”
Alexander Von HumboldtQuadri della Natura (Ansichten der Natur, 1808)
La passione per la natura e il patrimonio culturale lo hanno portato negli ultimi anni ad impegnare le proprie competenze personali e professionali in progetti aventi come focus la tutela, la valorizzazione e la promozione dei beni culturali e paesaggistici all’interno del più ampio contesto dello sviluppo sostenibile.
Decenni di esposizione a Superquark hanno causato un disturbo compulsivo che lo costringe a rovistare ovunque alla ricerca di ripugnanti forme di vita, inesorabilmente presentate poi a chiunque trovi nei pressi come stupefacenti meraviglie della natura. Simulate entusiasmo e si allontanerà soddisfatto, alla ricerca di nuove vittime.
Nel 2004, frequentando un corso di speleologia, ha cominciato a prendere una forte passione per le grotte e la montagna in genere. La voglia di conoscere e capire l’ambiente che la circonda, durante le sue escursioni, l’ha spinta a studiare la Geologia per poi laurearsi in Scienze e Tecnologie Geologiche nel 2014, presso l’Università di Pisa.
Bruno Micheletti è il Direttore dell’Istituto Storico Lucchese – Sezione di Bagni di Lucca. Si occupa prevalentemente di ricerche di storia sociale in epoca moderna. È responsabile della pubblicazione della rivista di studi storici “Val di Lima. Bagni di Lucca e il suo territorio”.
Geologo Strutturale ed esperto nell’utilizzo dei GIS applicati alla pianificazione territoriale, ama particolarmente gli ambienti rocciosi.
Il team creativo dell’agenzia di comunicazione Lander Project, che segue fin dalla nascita l’immagine di Canyon Park, ha seguito lo sviluppo di branding e comunicazione del progetto Ecolab.
Carlo Bigazzi ha curato il design del brand ECOLAB e lo sviluppo completo del wayfinding.
Carlotta Zeloni e Laura Volpe hanno disegnato e sviluppato la versione online di ECOLAB.
Alessandro Rabatti, art director del progetto, ha realizzato le tavole illustrate.
Canyon Park Srl | Cap. Sociale: 40.000€ vers. 15.000 | Loc. Ponte Nero, Scesta Bagni di Lucca | 55022 Lucca | P. I. 02624660466 I REA LU-240232 – canyonpark-srl@pec.it
